capitolo 4- ore 11:30
Ore 11.00
Sono proprio di malumore, pensò. Si alzò di scatto, infilò la giacca e guardò dentro la borsa del lavoro. Trovò il mazzo di chiavi. Le tirò in aria e le riprese.
– Andrò con la macchina scassata di mia madre.
Pensò a voce alta.
Prese le carte di Rossini e le infilò in borsa. Salutò Chiara e passò davanti allo studio di Giovanna.
Giovanna era in piedi in fondo alla stanza voltata verso le finestre e gli dava la schiena, una schiena così esile che pareva quella di una bambina. Parlava
Sono proprio di malumore, pensò. Si alzò di scatto, infilò la giacca e guardò dentro la borsa del lavoro. Trovò il mazzo di chiavi. Le tirò in aria e le riprese.
– Andrò con la macchina scassata di mia madre.
Pensò a voce alta.
Prese le carte di Rossini e le infilò in borsa. Salutò Chiara e passò davanti allo studio di Giovanna.
Giovanna era in piedi in fondo alla stanza voltata verso le finestre e gli dava la schiena, una schiena così esile che pareva quella di una bambina. Parlava sommessamente al cellulare. Lui bussò sullo stipite della porta e lei trasalì voltandosi.
– Vado via. Vado a parlare con tuo padre.
Lei coprì con la mano il cellulare, fece sì con la testa e le sue guance si coprirono di un lieve rossore. O almeno così a lui parve.
Lei sussurrò un ciao a mezza voce, si voltò di nuovo verso le finestre e portò nuovamente il cellulare all’orecchio sinistro. Ma tacque. Le spalle le si alzarono impercettibilmente, come se riempisse lentamente la cassa toracica di aria. Poi un sospiro leggero annebbiò involontariamente e per un attimo il vetro della finestra. Giovanna continuava a tacere tenendo il cellulare incollato all’orecchio.
A Jacopo montò di nuovo il sangue alla testa ma non poteva farci nulla. Tornò in corridoio, aprì la porta dello studio e la sbatté dietro le sue spalle. Gli parve che i muri del palazzo tremassero dietro di se’.
Di ciò ne fu contento.
* * *
(- Ehi! Ma sei impazzita? Ho ricevuto adesso il tuo messaggio. Non sono mica barricato dentro casa ! Sto arrivando!
– Ah, davvero non sei a casa? Ma come, avevi detto che pranzavi a casa…
La voce di lei rimbombava.
– Invece sono andato a pranzo con lo studio. Sto arrivando, comunque, aspettami al bar. Non mi piace che stai lì fuori, anche se sono le due del pomeriggio. E poi minaccia pioggia.
– Ma io non sono fuori…
– Come non sei fuori?
– Mi sono fatta aprire il portone…
– Ma come czz hai fatto?
– Sono sul pianerottolo. Ero così incazzata con te che ho pure preso a calci la tua porta…
[continua]
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